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#110 Si riparte da Jack Sparrow?

Si è da poco chiuso uno strano anno e ne sta iniziando uno in cui il business sembra riprendere a camminare, non a correre, a muoversi, senza fretta e con prudenza. Ma all’orizzonte sono in arrivo nuove problematiche e si torna a parlare anche di pirati nel Mar Rosso.

In realtà la situazione è un po’ più complicata. Non si tratta infatti di atti di pirateria isolati o facenti capo ad organizzazioni criminali locali, ma di azioni di guerriglia che i ribelli Houthi dello Yemen stanno conducendo in un’ottica antisraeliana inserendo così questi episodi nello scacchiere dell’infinita lotta tra Occidente e mondo arabo.

Non voglio entrare in nessun modo in questa questione e me ne guardo bene dal fare un’analisi geopolitica. Chiunque voglia approfondire può trovare tutte le informazioni che desidera, affidandosi al mainstream o approfondendo con la controinformazione. Mi interessa solo fare una breve analisi economica delle conseguenze che queste azioni avranno sul nostro commercio.

Il canale di Suez venne progettato dall’ingegner Luigi Negrelli (1799-1858), un cittadino austriaco di nazionalità italiana. Venne successivamente realizzato sotto la guida dall’imprenditore francese Ferdinand Lesseps (1805-1894) che completò i lavori e portò all’inaugurazione del canale il 17 novembre 1869

Si tratta di un percorso artificiale di 193 km, composto da due tratte navigabili, poste a nord e a sud dei Laghi amari. Il canale collega il Mar Rosso, e quindi l’Oceano Indiano, al Mar Mediterraneo.

Questa tratta consentiva di evitare il passaggio da Capo di Buona Speranza, passando per un percorso più sicuro e sensibilmente più breve.

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Il Canale restò operativo anche durante le numerose crisi che si susseguirono negli anni, come la Guerra anglo-egiziana (1882), la Prima guerra mondiale (1914-1918), la Seconda guerra mondiale (1939-1945). Nel 1956, dopo la crisi di Suez, con il rovesciamento del governo di re Faruq I d’Egitto (1920-1965) e la presa del potere da parte di Gamal Abd el-Nassar (1918-1970), avvenuta nel 1952, il canale venne nazionalizzato e controllato direttamente dal governo egiziano, nonostante le violente proteste di Francia e Regno Unito.

Tuttora il canale è sotto il controllo del governo egiziano che il 6 agosto 2015 ha inaugurato il raddoppio di una parte del canale. Si è quindi passati da una capacità di transito giornaliero di 49 navi alle attuali 97 navi. Attuali si fa per dire, visto che i disordini in Yemen sembrerebbero aver portato una riduzione del 40% dei transiti da Suez.

Tutto questo è assurdo se pensiamo che siamo nel 2024. Ciò danneggia non solo l’economia dei Paesi europei, ma anche i traffici commerciali e gli introiti di stati come la Turchia e l’Egitto.

I danni consistono nell’allungamento della tratta che le navi devono percorrere. Anziché transitare da Suez, le costringe infatti a circumnavigare tutta l’Africa, passando da Capo di buona speranza. Questo passaggio si traduce in un netto allungamento dei tempi di transito che alcuni nostri trasportatori hanno iniziato a quantificare in “non meno di 10 – 15 giorni”. I primi riscontri concreti ci dicono però che siamo pericolosamente vicino al mese. Significa che un percorso che prima si poteva quantificare in 35 – 40 giorni, oggi ne richiede almeno 60 e forse di più. Ecco che quindi il primo disagio: Lead time raddoppiati.

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Questo però è il nostro punto di vista, ma siamo costretti a tenere presente anche quello dei nostri importatori. Se prima, ad esempio, una nave poteva viaggiare da Busan, in Corea, a Genova in 35 – 40 giorni e di conseguenza tornava in altri 35 – 40 giorni, voleva dire che in un anno una nave poteva percorrere il tratto Busan – Genova – Busan almeno 5 volte e fare, almeno 10 percorsi con i relativi carichi. Oggi potrebbero andare e tornare dalla Corea al massimo 3 volte, quindi 6 percorsi. Ne perdono 4 e per coprire quella perdita devono spalmare il mancato fatturato di quei 4 trasporti non eseguiti sui 6 portati a termine.

Sono calcoli ipotetici, estremamente semplicistici e sicuramente espressi con una terminologia non tecnica, ma ho sgusciato e sintetizzato per capire meglio una situazione che non sarà esente da criticità e non è altro che un modo estremamente semplice per spiegare concretamente la realtà.

La politica di R&D Components è sempre stata quella di non aggiustare i prezzi fintanto che non sono i fornitori di materiale a costringerci a farlo. Durante tutto il periodo della pandemia ci siamo sempre assorbiti tutti i costi legati all’aumento dei trasporti dal far East.

Faremo il possibile per continuare su questa linea chiedendo ai nostri clienti di sostenerci soltanto concedendoci una tempistica più lunga per gli approvvigionamenti.

I prodotti che sono più a rischio di allungamento lead time sono i termofusibili SW1SW2 ed SW3, i termometri, alcuni tipi di sonde NTC e alcuni tipi di termostati bimetallici.

Cerchiamo di capire come evolve la situazione e sarà nostra premura contattare i diretti interessati per informarli e aggiornarli.

Intanto mi auguro che il 2024 possa condurci al termine del conflitto russo-ucraino e con l’augurio di non restare ostaggi di un moderno Jack Sparrow.